Una delle rotture più significative con la tradizione medievale si produsse nel campo della storiografia. Gli storici, tra i quali furono insigni Flavio Biondo (nel XIV secolo), Machiavelli e Guicciardini (nel XV secolo), abbandonarono la visione medievale legata a un concetto di tempo segnato dall’avvento di Cristo, per sviluppare un’analisi degli avvenimenti concepita laicamente, con un atteggiamento critico verso le fonti. La storia divenne una branca della letteratura e non più della teologia e si rifiutò la convenzionale divisione cristiana che doveva avere inizio con la Creazione, seguita dall’Incarnazione di Gesù e dal Giudizio finale. La visione del primo rinascimento esaltava invece il mondo greco-romano, condannando il Medioevo come un’era di barbarie e proclamando la nuova epoca come era di luce e di rinascita del mondo classico.
Il fervido interesse per l’antichità si concretò nella ricerca e nel restauro dei manoscritti dei grandi autori greci e latini: i Dialoghi di Platone, le Storie di Erodoto e Tucidide, le opere dei drammaturghi e dei poeti greci, riscoperti e pubblicati dopo la caduta di Costantinopoli, che risvegliarono in Europa occidentale un nuovo fervore filologico.
La visione del nuovo rinascimento si limita invece a condannare le barbarie delle guerre mondiali e delle dittature del XX secolo ed a proclamare la nuova epoca come era di grandi innovazioni scientifiche e tecnologiche in tutti i campi, basati sull’esperienza e sulla letteratura scientifica e tecnologica. Sarebbe invece necessario che anche nel nuovo rinascimento ci fosse una riscoperta della letteratura classica, che risvegli un nuovo fervore filologico, per ritrovare il senso ed il rispetto dei valori umani che sono stati sopraffatti da quello della Ragione.